Più di qualcuno mi ha chiesto:
“Se io volessi temperare il cioccolato a casa, potrei farlo? E che cioccolato dovrei usare? Servonola spatola da cioccolatiere e il termometro?
Per me è sempre un piacere poter chiacchierare con chi è curioso, se poi posso anche dare consigli pratici fate di me un’artigiana felice.
Quindi, eccomi qui, ne farò anche un piccolo video perché a quanto capisco è un argomento che interessa a molti ed in effetti con quel mezzo potrei spiegarmi meglio.
Comunque, per gli affezionati della parola scritta… leggiamo!
Ripetiamo le domande analizzandole una alla volta.
1) Vuoi temperare il cioccolato a casa tua? Davvero, puoi?
Ma certo che puoi! Non è certo un’arte che teniamo segreta e ci passiamo di madre in figlia, noi cioccolatieri.
Solo, è importante avere alcuni accorgimenti e tanta pazienza perché se la prima volta ti riuscirà al primo colpo, sarà probabilmente la fortuna del principiante; bisogna mettersela via, il temperaggio a mano è qualcosa che si impara un po’ alla volta a forza di “dai e dai”. Questo non rende per nulla impossibile il riuscirci con ottimi risultati, fidatevi.
2) Quale cioccolato dovresti usare?
Qui si dovrebbe entrare un poco nel mondo “tecnico” per spiegare il perché scegliere un cioccolato o un altro; lo farò nel dettaglio, ma siccome non interessa a tutti, qui mi limito a spoilerare il finale.
Si può usare un bianco, un latte o un fondente (di qualsiasi percentuale) che trovi sui banchi del supermercato sotto forma di tavolette. Non cito marchi, spero capiate il motivo.
Dovete però capire che quei cioccolati (tutti!) sono stati prodotti in enormi quantità, nell’ordine dei quintali, e che le ricette con cui vengono costruiti sono tarate per i macchinari con cui quei cioccolati saranno trasformati in tavolette.
Esatto, ho detto “macchinari“, mentre voi mi state chiedendo per il temperaggio a mano.
Sono due mondi molto diversi, non per forza uno dei due è il bene e l’altro è il male, sono semplicemente… diversi.
Per il temperaggio a mano vale come regola generale che è preferibile un cioccolato con molta massa grassa.
Se vi state chiedendo perché, siete i benvenuti nei paragrafi finali, in cui mi addentro nella “chimica” del cioccolato, se invece vi interessa più l’atto pratico, ecco una piccola tabella per aiutarvi a capire di quali percentuali stiamo parlando.
da 35% a 37% per il cioccolato BIANCO
da 30% a 32% per il cioccolato AL LATTE
da 32% a 33% per il cioccolato FONDENTE al 50%
da 32% a 35% per il cioccolato FONDENTE al 70% (o più)
da 45% a 55% per la MASSA di cacao (cioè senza zucchero)
3) Servono attrezzi specifici per poter temperare a casa?
La risposta è molto personale: a casa disponete già di qualcosa tra queste attrezzature?
- un piano in marmo o in acciaio di dimensioni (minime) 50x30cm
- almeno due tra queste cose: tagliapasta in acciaio, spatola da pasticcere, spatola curva da pasticcere, tarocco, coltello (largo, piatto e abbastanza lungo)
- termometro da forno o da immersione
- una bacinella in plastica che premendo con le mani ai bordi un pochino cede
- un microonde, o alla peggio due pentole per fare il “bagnomaria”
Dunque, il piano in marmo o in acciaio è fondamentale; mi dispiace dirlo ma se non avete uno dei due, non riuscirete a temperare bene il cioccolato in quanto è indispensabile per dare al cioccolato lo “shock termico” da caldo a freddo.
So che c’è chi insegna a temperare facendo il “bagnomaria” inverso, ovvero mettendo la ciotola con il cioccolato sciolto in un contenitore pieno di acqua e ghiaccio; io lo trovo oltre che scomodo anche lento e davvero rischioso (basta uno schizzo di acqua e dovete buttare tutto, motivo per cui anche per sciogliere preferisco il microonde al “bagnomaria”, come spiego nei paragrafi finali per “nerd”).
I due attrezzi che io utilizzo quotidianamente nel mio lavoro, quelli insomma con i quali mi trovo meglio, sono due tagliapasta.
Ma ciascuno trova i suoi preferiti con la pratica; ho colleghi che preferiscono due spatole, una curva e una dritta ad esempio.
Il termometro, serve?
Allora, sinceramente, se si è principianti torna davvero comodo.
Io ho imparato a temperare senza usarlo, con il celebre metodo: “o nuoti o affoghi”.
Personalmente, per il mio modo di capire il mondo attraverso le esperienze fisico-chimiche, poter comprendere l’importanza delle temperature sarebbe stato davvero comodo.
Capisco però che c’è chi non è particolarmente interessato al “perché delle cose” e preferisce i risultati dati dalla pratica.
Decidete voi quindi, in base alla vostra indole:
Amate avere tutto sotto controllo? Termometro sì
Vi piace imparare dall’esperienza? Termometro no.
Vi aiuto con un esercizio: state facendo i biscotti.
La ricetta la seguite o la cambiate “a sentimento”?
Rispondendo a questa domanda, saprete a quale delle due tipologie appartenete.
Successivamente, giuro, a forza di lavorare col cioccolato lo “sentirete” quando è alla temperatura giusta e finirà che il termometro non servirà a prescindere.
Perché parlo di bacinelle in plastica?
Sia per sciogliere comodamente in microonde il cioccolato (quindi assicuratevi che sia una plastica idonea al microonde) sia perché quando il cioccolato che avrete avanzato indurirà, dalla bacinella che potete leggermente deformare verrà via senza fatica e potrete riutilizzarlo; se invece userete una bacinella in un materiale rigido non ci riuscirete senza risciogliere tutto.
Ma, se non mi credete, liberi di fare la vostra esperienza e poi dire “ah, in effetti me lo aveva detto”.
Microonde o bagnomaria?
Spero non siate spaventati dal microonde; se lo siete vi invito caldamente a guardare (ad esempio) questo video, fatto da una persona altamente qualificata.
Se lo stesso vi intimorisce o se semplicemente non lo avete e non potete aggiungerlo ai vostri elettrodomestici, c’è sempre il “bagnomaria”.
Noioso, sporco, rischioso, ma c’è.
Dimenticavo, un altro attrezzo da avere assolutamente è la spatola gommata detta “leccapentole” o “marisa”, esatto quelle che nella nota catena scandinava costano tipo 1€ e non capite come avete potuto vivere senza.
E così, ora sapete quale cioccolato avere, quali attrezzi avere e con quale mood affrontare la sfida del “tempero il cioccolato a casa mia”.
Da qui trovate informazioni nerd, che per me sono indispensabili, ma lo sapete ormai come sono io, quindi ammetto che potrebbe non essere essenziale sapere ciò che segue.
Partiamo subito col pezzo forte: cosa intendo con “percentuale di grassi più alta, e soprattutto perchè?”
Come ho già spiegato, il cioccolato, per ora parlo del fondente, si fa unendo una certa quantità di zucchero alla pasta di cacao.
La pasta di cacao è il seme della pianta del cacao che viene lavorata e ridotta appunto a una pasta, la quale è grossomodo composta per metà dal grasso del cacao (il burro di cacao!).
Alcuni tipi di cacao a causa della loro origine, genetica o lavorazione successiva sono piuttosto poveri di questo burro e questo rende poco scorrevole il cioccolato, una volta che si aggiunge anche lo zucchero.
La scorrevolezza nel mondo dell’ingegneria (nel quale lascio comunque un pezzetto del mio… cuore? Naaa, cervello!) si chiama più propriamente viscosità.
Indica, in breve, in un materiale che non è liquido né solido (pensate a una colata di caramello caldo) quanto tempo ci mette, una data quantità, ad allargarsi fino a un certo diametro.
Se ci mette poco tempo, è poco viscoso o scorrevole, se invece è lento o addirittura si ferma prima di aver raggiunto il diametro di riferimento, è viscoso o poco scorrevole.
Quindi, la massa di cioccolato poco scorrevole, perché povera di grassi, sarà più difficile stenderla, non sarà facile lavorarla e probabilmente darà problemi anche con gli stampi (ah, non vi avevo parlato degli stampi? Magari lo faremo la prossima volta).
Al contrario, un cioccolato troppo grasso sarà facile lavorarlo, anche se poi si rischia, andando ad eccedere, un sapore non proprio desiderabile.
Con il cioccolato al latte e a maggior ragione con quello bianco, è più difficile capire, dall’etichetta delle tavolette da supermercato, quale sia la vera quantità di burro di cacao, perché sotto la voce “grassi” rientrano anche quelli del latte che sono un ingrediente non irrilevante della tavoletta. Per questo vi invito a considerare la tabella che (per mia esperienza) è abbastanza generale.
Sì, ma perchè quelli “industriali” dovrebbero essere diversi da quelli che si usano nel temperaggio a mano?
Beh perché quelli della grande distribuzione è quasi impossibile che siano la semplice unione di cacao e zucchero; generalmente c’è sempre uno studio molto accurato dietro la produzione industriale e ogni cacao utilizzato viene scomposto a livello di studio per capirne perfettamente le caratteristiche fisico-chimiche, per eventualmente aggiustarle in funzione dei macchinari e della facilità di lavorazione.
Come dire, un artigiano che crea il suo cioccolato a partire dalla fava dovrà adattare se stesso al cioccolato e alle sue caratteristiche di viscosità, mentre in una industria sarà il cioccolato che verrà adattato alle esigenze dei macchinari.
Come viene “adattato”? Aggiungendo burro di cacao, ma non troppo altrimenti si avrà un prodotto che in bocca è troppo sfuggevole e poco saporito, o aggiungendo lecitina (di soia o di girasole), di cui ho già parlato qui.
Piccolo sproloquio sul “bagnomaria”
Già il solo fatto che devo avere due pentole, una che stia nell’altra (quindi quante cose devo sporcare?!) mi farebbe preferire il metodo microonde per sciogliere il cioccolato.
Ma c’è anche il motivo del “rischio” che qualche gocciolina di acqua, o anche solo il vapore, finisca nel cioccolato.
Questo è molto grave: il cioccolato si “inchioda” (termine molto tecnico vero?) cioè non lo si riesce più a lavorare ed è giusto buono per farci una torta aggiungendoci panna e uova etc.
Insomma, non esattamente quello che avevate in mente sciogliendolo.
Perché si “inchioda”?
Perché il delicato equilibrio grassi-elementi solidi, in particolare zucchero, va a perdersi. Lo zucchero, molto igroscopico, preferirà “abbracciare” l’acqua piuttosto che rimanere intrappolato nel grasso, ma acqua e grasso non vanno d’accordo (pensate a un bicchiere d’acqua nel quale versate dell’olio: non c’è verso di mescolarli).
Per questo vanno a formarsi dei “grumi” che non sarete più in grado di disfare, a meno di aggiungere la giusta quantità di liquido per creare un nuovo tipo di equilibrio, quello delle “ganache”, delle quali magari parleremo un’altra volta.
Ecco tutto, fatemi sapere se sono stata esaustiva, se vi è piaciuta questa nota o se avete voglia di sentirmi raccontare qualcosa ancora. Sarò felice di spiegare, nel limite delle mie competenze, quello che mi chiederete!
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